quattro passi innanzi a me. E sono al muro.
poi quattro dietro di me. Ancora al muro.
Palermo. Carcere dell’ Ucciardone.
almeno quando è estate aprono il “blindato” . il portellone d’acciaio vorrei che cigolasse di più. come nei film.
così restano solo le sbarre e puoi vedere la cella di fronte, ed in parte una laterale. come in un gioco di specchi dalla prima all’ultima si può sapere cosa accade.
il primo passo all’inizio del corridoio e già dal fondo riecheggia il mio nome.
talìa cu arrivò, lu Malacarni. Arreri ca?
cui Malacarni lu Ranni o lu Nicu?
ora che il Grande è sotto due metri di terra io sono semplicemente il Malacarne.
quattro passi davanti a me. la parete trasuda grasso umano nero . macchia di sangue della testata di quello che c’era prima di me.
due di lato: sono nell’angolo col cesso. poi perdo il conto dei mezzi passi. e sono al centro della cella.
lo ripeto: non uscirò mai più da queste stanze?
faccio domanda subito per avere libri dalla biblioteca. se almeno ci fosse il refettorio in comune come nei film .
invece mangio merda guardando la faccia del pedofilo che ho per compagno di cella.
quattro passi. la parete ha memoria dell’uomo.
quattro passi. è ossessione che tracima dalla brocca. sono nell’angolo con il fornellino elettrico. chè se hai due soldi compri pasta e sugo e magari schifi la merda che ti danno.
tre quarti d’ora d’aria, poi altri tre quarti.
ma poi quando hai i libri non sai che fartene. la gusti come un di più , guardi i carcerieri e sorridi come uno che ha un piano di evasione infallibile. carezzo la copertina.
INFALLIBILE.
cinque minuti per la doccia Malaca’ non ti addormentare. Rido in faccia alla guardia carceriera perchè so che è morta.
lui non lo sa ma qualcuno nell’altra sezione , quella dove stanno i Grossi, ha firmato una condanna infallibile.
infallibile.
Poi viene il Ciuaua , che è un padre di famiglia, che chiude il portellone della sezione Tre ed apre alcune celle, cu parra abbusca. Non dovrebbe, ma sa a chi aprire, io passo dalla mia a quella di “me cuscino”, che è dentro per spaccio. e già lì mi dice il suo compagno: malacà affucalu a stu malatu !
parla del mio compagno di cella, uno che tocca i bambini. qui lo vogliono morto.
io pianto un porcoddio perchè questo è il terzo televisore che non funziona e poi chiedo all’avvocato perchè cazzo mi hanno messo in cella con questo tipo se io ho furtato una cazzata e sarò fuori tra cinque mesi.
a malaca’ (in relatà mi chiama per cognome) sanno che frequenti posti d’incontro omosessuali.
e che c’entro con sto malato?
inutile ragionare.
quando viene Marlboro mi offre mezza sigaretta, io non gliela chiedo mai. ma a lui le regalano e offre a destra e manca, è sempre sorriddente e mette musica allegra e canticchia come il Ciuaua (chiamato così per via della canzone).
poi “me cuscino” fa un bordello perchè non ci mettono in cella insieme, mica siamo fratelli che per legge non si può .
niente da fare ci mettono però in due celle prospicienti.
quando viene Ciuaua mi apre le sbarre e vado a giocare a carte con “mio cugino” che in realtà non mi vien niente. non so se mi spiego.
ed il momento più bello è nel distacco, ci abbracciamo discreti e aspettiamo che sia il turno di Ciuaua per riabbracciarci.
poi finisce che stiamo a guardarci in silenzio dalle sbarre. perchè le parole finiscono subito quando sei dentro insieme alle cose.
le parole insieme alle cose quando sei dentro spariscono.
è una fortuna tutto sommato quando è estate, si scoppia di caldo , ma almeno aprono il portellone e tu cedi al mistero di parlare con gli sguardi. ci guardiamo in silenzio per un tempo che Fuori mi sembrerebbe inimmaginabile.
ma fuori ci sono le cose.
quattro passi avanti. prendo il cuscino e mimo una danza cercando il sonno.
poi quando mio “cugino” esce e passa ai domiciliari grazie all’indultino io stringo i pugni e sorrido.
ni viremu fora mi urla dal fondo del corridoio.
ci vediamo fuori.
il mio compagno di stanza cerca un impossibile contatto. poi dice : almeno avessi un computer, con internet stai a chiacchiaerare con gente di fuori. appena passo ai domiciliari mi faccio la dsl.
io non so ancora che cazzo sia questa cosa. e allora me lo spiega. non parliamo mai del motivo per cui è qui.
poi mi viene a trovare “me cuscinu” . almeno lui. diciamo tre cose che lui sa: come va, cosa mangio, come sto veramente. ed altre tre che sa pure , di cosa ho bisogno: due lire, sigarette, biancheria.
meglio di mia madre.
mia madre viene avvolta nel suo eterno lutto . ha un volto di madonna vecchissimo che ha scalato la Collina.
chiede anche lei ma già sa di che ha bisogno uno che sta dentro.
di stare fuori. perchè i ladri veri stanno al governo. ed i mafiosi pure.
viene una seconda volta a portarmi il richiesto e poi spedisce due lettere senza grammatica ma con dei soldi.
I domiciliari li chiedo all’ultimo domicilio, non a casa di lei.
non da te , madre, perchè nel tuo Calvario io non ho più posto ormai.
perdonami.
oppure cancellami.
con me non puoi fermarti a metà .
quattro passi davanti a me. di nuovo al muro.
due indietro, sono al centro della stanza, dove nessuno può raggiungermi.
chiudo gli occhi. nessuno può raggingermi ora.
cancellami.
oppure
perdonami.