scordami – gli dico. sfugge soffiato. Stentoreo , ma attraverso un muro di fiato. un rantolo esploso.
Un grido d’allarme strozzato. scordami. cancellami, oppure,
dì soltanto una parola.
ed io gli dico di scordarmi. il suono esce scoppiato dalla gola e meccanico . è già sulla lingua quando vorrei fermarlo. irrimediabile.
esce come un rumore che ascolto immerso in una vasca l’orecchio appoggiato sulla porcellana. E allora apro gli occhi dentro l’acqua . il mondo è così liquido e lontano che non vorrei più sollevare la testa.
dentro la vasca ascoltare rumori dell’altra stanza. Placentari.
Tu sei mio fratello , ti ricordi? dice poco fa appena gli apro la porta ancora gocciolante. il suono del campanello sentito attraverso l’acqua. ecco un particolare molto narrativo.
invece i fatti accadono anche se non voglio.
tu sei mio fratello, dice sempre così , poi mi prende per mano e mi trascina a piedi nudi in una danza sul filo spinato.
e sento odore di cemento appena arriva.
ypocrite opportunist don’t infect me with your poison, ho messo su musica a tema per cancellare l’obsession che a tutto spiano la vicina fa suonare da tre ore – maledetta – fa pulizie approfondite il sabato mattina.
sento odore di cemento e cimitero appena appare. lui , mio fratello la morte.
mi domanda se ho bisogno di un “lavoro” . diciamo così.
non voglio nessuno che viene a bussare alla mia porta la notte e mi scoppia la faccia con un colpo di pistola.
gli dico nuddu ca veni a tuppuliari ri notti e mi spara.
è così che li hanno ammazzati, suo padre e suo fratello.
così che poi ci conoscemmo in certe stanze da bambini.
e quant’è durata questa traversata di tempo?
da quanto ci conosciamo chiede? e ora te ne esci con sta cosa? che ti capita Malacà , sei cambiato.
mi guarda con disprezzo.
tu vuoi fare sempre il frocio in mezzo alla strada? non t’affrunti?
e poi che fai lavi scale?
e tu – gli rispondo – come vuoi aiutarmi , con questa? lo cingo per la vita e tocco il “ferro” dietro le sue spalle. sotto il giubotto.
vai in giro come uno sbirro.
fa la guardia giurata per una polmafia qualsiasi.
e lì mi scappa . scordami, t’ha scurdari i mia.
mi sfugge e non vorrei.
fa un passo indietro a misurare l’ ampiezza dell’abisso o della fossa, dai miei piedi ai suoi.
a luglio vado via, voglio arrivarci vivo – gli vomito addosso – e tu frati miu, ci sarai?
che cazzo stai a fare in questo posto?
uso le parole che una Faccia di Sbirro un giorno mi ha detto. ed ha taciuto. avesse detto solo una parola , una soltanto. ed io avrei lasciato tutto per seguirlo. come un bambino.
se solo avesse detto quella parola. invece.
Vieni con me fraté, andiamo a Parigi o dove vuoi tu, andiamo a sentire che i giorni hanno un colore.
ma lui sa che non può , al punto in cui si trova, mi confessa: ci sono dentro ho troppi amici.
come se non l’avessi capito.
e neanche stavolta dice niente di sua moglie, la ragazzina presa a diciasette anni.
ci sei dentro. e allora cristo, veni fora!
vieni fuori, veni foras.
sta zitto. mira l’abisso. forse questa è la parola che poteva salvare solo me, quand’ero morto. non lui.
vieni con me. una sola valigia leggera. forse vuota. andiamo a vedere che i giorni fanno rumori di vita.
basterebbe che lasciassi tutto e mi seguissi.
che tu ne venissi fuori.
veni foras.
oppure. scordami.