Archivi del mese: aprile 2004

ascolto il respirare…

ascolto il respirare di quest’uomo,

notti magnacce e senza fine sanguiniamo. e mi accartoccio in un lenzuolo: questo fra poco, ma ora:

troppa la luce del giorno, ciò acceca. quanti riflessi chiari nei risvolti del lenzuolo, la finestra di questa stanza aperta e vedo.  laggiù il vasto mare: in  un cartellone pubblicitario. il lenzuolo azzurrissimo attende in onde bluastre e molli: il mio sudario, ma ora:

ascolto il respirare di quest’uomo nel letto. è poco più che un ragazzo visto nel sonno, non si è voltato a dirmi sei tornato, ma so che ha gli occhi aperti contro il muro.  

Mauro non devi più uscire la notte. lui non mi vuole chiamare Malacarne, usa un nome anch’esso di seconda mano, usato e senza senso. ma ora:

domani parte per V. in Sud Tirolo, gli è finita la licenza, torna fra gli alpini, sul cappello sul cappello, vieni con me , dice, c’è una lunga penna nera.

a fare cip e ciop sugli alberi? chiedo,

sei uno stronzo. a noi serve da bandiera.

credo abbia ragione , ma ora:

se non vieni con con me parto in missione.   

la notte ha bisogno di me , dovrei dire, ma questo lui non può ascoltarlo, sono parole di sogno , o lo fai o non lo fai un sogno, non puoi spiegarlo. contiuo a scrivere per finire la notte. la mia missione è più esigente.

io  tramo continuamente la notte penelope urgente per allungare il giorno, perché all’alba sia il sole e ancora e ancora.  a volte, se drogato,  credo che se non veglio  la notte intera –  vivo l’oscurità – infine  il  giorno non risorgerà neppure.

la troppa luce acceca , vieni con me –  mi dice, a noi serve da bandiera, sopra i rami , un giorno mi sarebbe bastata una parola , dimmi solo una parola ed io sarà PERDUTO

queste parole: vieni  con me , ed io avrei lasciato tutto forse, fulminato sulla via ,

caduto in estasi per troppa luce, ma ora:

cos’è questo abisso morbido? forse  che non posso in vero  amarla, troppa luce, solo averne nostalgia, ma ora:

 so che lo abbraccerò nel sonno, fra lenzuola tiepide azzurre, questo fra poco, posso concederti persino questo,

 ma domani.

 abbiamo le stesse iniziali, fratello, mi ha detto, e rideva come un bambino  di questa stupida coincidenza.

stringo gli occhi, cristo, quanta luce. brucia.   

 

Roma – Palermo,&nbsp…

Roma – Palermo, i soliti figli di nessuno, torniamo a casa in licenza, i pezzi dell’azzurrina in tasca, senza quella non ti rimborsano il biglietto, non hai cabina nè posto prenotato, perché la licenza te la firmano all’ultimo minuto, e così st’azzurrina all’ufficio posta e viaggi del maresciallo R.  .

Per fortuna sei in borghese, ti sbrachi per terra, chè siamo sotto le feste, tutto pieno di emigranti vecchi e poveri e pacchi e valigie come non le vedi più neanche nei film e dici: porcoddio siamo nel 2001! E invece.

 C’è un puzzo insopportabile, l’abitudine cancella e sfuma,  dopo un ‘ora non lo senti più ma se ti soffi il naso è tutto nero, è tutto nero, e non senti più le gambe, e fumi davanti i cessi allagati, cali il finestrino e respiri aria fredda invernale, per fortuna che non sei in divisa, pensi, altrimenti quando crolli dopo tre-quattro-cinque  ore in piedi, cinque ore un minuto 50 secondi , 52 secondi  , 53 secondi, il tempo passa  in fretta, 54 secondi , quando crolli dopo cinque ore e due minuti un secondo sopra le valige, rovini come le mura delle città gloriose, rovini come le più ambiziose cattedrali su altipiani irlandesi, ma neanche pensare a questo aiuta, non mi aiuta più ciò che ho vissuto visto e ciò che so, perché voglio solo spegnermi disteso, otto ore tre minuti sette secondi,  dieci ore e venti stai per arrivare , hai passato lo stretto su navi da crocifissione dove i treni si spezzano le ossa e sei stato davvero tu a dire: che bel cielo stanotte sul ponte del traghetto? o è solo un residuo romantico?

 eppure: dicono qui debbano fare un lungo ponte sulle acque e tu ridi. perché il lungo ponte sulle acque serve a un cazzo se poi per fare 200 km da messina a palermo ci vogliono cinque ore cinque a quaranta all’ora come sui cinquantini quando impenni e controvento,

e controvento,  allora meglio ascoltarsi musci da distruzione in  cuffia se ce l’hai una radiocuffia o uolkmen come dicevano una volta , ero bambino , e allora meglio sentire che devi sparire da lì che non sei lì che non sei mai stato: alla stazione di palermo scendi come un randagio e pensi di essere a casa solo per consolarti. invece :

ti svegli e quell’incubo è nella tua branda , devi fare il cubo, il sergente di giornata urla SVEGLIA! è finita adesso la  notte prima di partire in licenza: sono le sette del mattino del venerdì, 36h + 4gg lic br. , si scrive così sui fogli,  e devi sbrigarti per l’adunata, e aspettare l’ora in cui ti daranno l’azzurrina e la licenza firmata per partire a casa.

36H +3 gg lic. br.  

si spalanchino bocch…

si spalanchino bocche voraci d’inferno, sia la peste su di voi.

la peste su di voi.  e trama di apocalisse questo carcere infinito. se solo tu venissi tribunale invisibile.

mi hanno detto che ti eri ritirato, che hai trovato uno che ti piglia in casa, mi spara  Salvatore appena l’incrocio in viale. E’ sempre così  finta la voce della strada: basta che stai via una settimana e ti mettono sotto una balata di marmo. E poi che mi piglia in casa, come un  cane abbandonato.

se è per questo – rispondo – mi avevano detto che eri morto.

Figurati, non ascoltarle ste froce maledette , è da dieci anni che mi danno per spacciato.

Salvatore ha un bell’ aspetto malgrado i dieci anni di sieropositività. E allora come va? ma la domanda vera è questa: a che punto della notte tu sprofondi o apocalisse?

ho negativizzato la carica virale – sorride di sbieco – e tu invece quand’è che ti fai infettare?

ma vaffanculo, alla faccia tua neanche una gonorrea o chessò un po’ di sifilide la candida o una bella epatite fulminante, solo le piattole l’altro giorno ora ho tolto tutti i peli, quarda le mie cosce sono ridicole ma almeno si vedono i muscoli, gli faccio calandomi le brache della tuta, tanto non passa niente in quel momento.

prima te lo prendi e prima te lo curi, ridacchia, ed io rido con lui, mentre canto il mio requiem tra i denti e brindo con la bottiglia ogni sera per chi non c’è in attesa che infine giunga la vera notte, quella nera.

e allora sta storia dell’alpino?

porcoddio le voci corrono , mille bocche affamate di sogni e di gogna, ecco la strada, e non si può inculare uno gratis due-tre sere che già qui vedono fedi al dito e tende a fiori alle finestre.

niente, mi vuole portare in sud tirolo a fare Cip e Ciop sugli alberi, che ne pensi?

vade retro satana, dice Salvatore;  ascolta , la sai l’ultima dal favoloso mondo degli etero?

ieri stavo alla Favorita, fermo in macchina , un tipo sulla staccionata , molto maschio, si tocca la patta si tocca e vedo un bel pezzo di carne , dico vabbè facciamoci sto pinnululi e scendo.

tipo etero, diciamo dai modi , non dice niente e si infratta, e neanche si gira, lo perdo di vista fra i rami e i cespugli e dopo un po’ me lo ritrovo, sai come? pantaloni  abbassati e di schiena, bellissimo culo senza peli,  tonde le chiappe come piace a me. Mi avvicino, manco si gira, lo sfioro, lo palpo e niente: il solito etero nuova generazione, penso: non bacia non succhia non carezza, lui è un buco.

è vero, ora che ci penso, da un paio di anni me ne capitano una marea.

e non sai niente, continua, quando gli metto le mani davanti scopro che il pinnuluni moscio che vedevo sotto la patta era invece un’emicrania in erezione, una cosa di sette centimetri spessa un pollice, che delusione, che schifo.

insomma me lo inculo, mi fa ahi, gli  dico:  t’ho fatto male? Macché s’era gia sborrato in mano al primo colpo. i buchi ultrasensibili, una cosa automatica . ed ecco che si riveste e panicato cerca di farsi strada fra i cespugli , non corre perché non vede bene al buio, fra i rami. Gli dico : ti faccio strada , gli chiedo il nome , mi segue ma non risponde, e quando arriviamo sul vialetto principale mi dà uno spintone e mi fa: se ci vediamo in giro non ci conosciamo lu capisti? accento maschio minaccioso dello zen . Ti pare ca sugnu frocio? io me la dò a gambe perché sti malati proprio non li sopporto, capaci di uscirti il coltello.

perché non gli tiravi na pietra in testa e ci schiacciavi lu ciriveddu a sta cosanùtele, gli dico.

figurati, tesoro, se mi sporco le mani. Tanto me li inculo senza preservativo. Non se lo crea lui il problema me lo devo creare io? poi bisogna sterminarli sti repressi, tanto mica si fanno il test e si curano. fra dieci anni se non si riproducessero il problema degli etero sarebbe risolto.

La peste ha avuto inizio , il vizio ha tracce visibili anche al nero più assoluto, la pestilenza è la tua arma, Salvatore, non hai più paura di nulla , sei fortissimo. è diventata improbabile un’altra morte da quando ha questo male in sé. La peste piova sui giusti e sugli iniqui, la peste su di voi.

Parola di  Salvatore, Immortale angelo della morte.

bisogna immaginare S…

bisogna immaginare Sisifo.

un’altra volta notte, e ancora e ancora. rotolo la pietra dal sepolcro ed esco fuori. I marciapiedi si aranciano bagnati dalla luce chimica dei lampioni. E sono pronto a tutto ricominiciare.

porto con me la pietra , rotola dal mio sepolcro : ed io sorrido col mio ghigno abissale. La spingo fino in vetta al mio calvario: a miracol mostrare. La luce arancia i canti  e mostra la mia condanna: appena giungo in cima la pietra del mio sepolcro rotola sull’altro versante.

eppure. io sono pronto a tutto ricominciare.

Mi sbatte la sua erezione fra le chiappe. Vai piano dico , non la prendo da un bordello. L’ha imballata nel sacchettino elastico che appesta gommoso l’abitacolo . Preservami dal male universale.

ma poi fuoriusciamo ché è scomodo là dentro, e siamo fuori nel vento delle tre del mattino , delle tre di notte, in una strada sterrata di campagna vicino allo svincolo di Villabate.

è così finto il firmamento visto da questo punto: le stelle stanno appuntate come capocchie di spillo , così precarie. ma forse è questo il cielo vero?

mi reggo alla portiera , il freddo piovigginoso del mattino mentre ghiacciano tutti gli orologi. erezioni incerte. adesso è notte in tutto l’emisfero.

ed io cadrei in ginocchio a mangiare la terra. cadrei in ginocchio a mangiare la terra.

SE SOLO TU VENISSI TRIBUNALE INVISIBILE.

dopo è il mio turno, si gira, imballo il cazzo sputo sul palmo e bagno la cappella. entro nel cerchio . un colpo due colpi .

sono scisso . cinque colpi .

poi dico entriamo in auto porcocane fa freddo, sudo freddo.

è che sono verticale. posso sfondare il cielo stavolta sono verticale. troppe stelle.

ma dietro, sui sedili posteriori il passeggino di un bmbo è fissato , e poi teme di sporcare l’auto della moglie.

si mette in ginocchio sul sedile anteriore, lo sportello aperto, un colpo sei colpi.

spacchettiamo le erezioni , sborriamo sull’erba blu croccante di brina.

mi riaccompagna , ecco ritorna il cielo, il solito alone falbo sopra palazzi di angoscia.

c a d e r e i n g i n o c c h i o a m a n g i a r e l a t e r r a .

visto da qui.

e sono pronto a tutto ricominciare. si accosta un’altra auto : due scoppiati davanti con due troiette dietro: ma che fai qui, ma che vita che fai, mi sgrida una da dietro:  va a casa piove, ma come fai a essere così? sganascia  il guidatore occhi lucidi di marijuana.

in genere li mando affanculo, ma mi fanno pena. e dico il vero : bisogna immaginare Sisifo felice.

ecco il Segreto. Non capiscono.

io mi allontano, sono le cinque quando si ferma un’altra auto, non gira niente stanotte, il viale sta morendo.

saliamo su per i tornanti di monte Pellegrino in cerca di un posto appartato.

rotola la pietra su per i tornanti, e poi scendiamo ancora giù nella conca d’oro.

e sono pronto a tutto ricominciare. Bisogna immaginare Sisifo

felice.

se solo tu venissi tribunale invisibile