Archivi del mese: settembre 2005

il buio che le tue mani seminano morfeo, indicano il cammino e sprofondo in un sonno senza sogni. dove quel che vedo è finalmente vero
Hopital St. Pierre.
L’anestesia.
l’oscurità si accinge ad accogliermi ed io sorrido alla Notte. il sonno riflette fedele la realtà del Niente
L’infermiera e la marionetta
Levo la mano contro la luce falba, là è forse una porta, vaga in trasparenza, un’ombra prende forma.
Immagino tracce di sangue su tutto il corpo, il mio ventre è squarciato sotto il sudario come mi svegliassi ectoplasmico da una autopsia.
Dal braccio i fili della flebo svettano verso il soffitto- e infine scopro che questi tubi salgono verso il buio e sbiadiscono sino a scomparire verso l’alto che sprofondano nel buio del tetto, nell’alto dei cieli, nell’alto dei cieli ed allora
io aspetto, io aspetto invano di scorgere la mano che tiene l’altro capo di questi fili che si prolungano sopra di me all’infinito.
all’infinito
Chi mi muove?
l’ombra si coagula. è un’infermiera, arriva, chiede se tutto vada bene, domando da bere
da bere agli assetati
sembra le dispiaccia davvero quando, per via dell’anestesia, mi dice che non può, ma che troverà qualcosa per darmi sollievo.
e sorride d’intesa,come ad un bambino cui si promette che se farà il bravo
Torna con un cubetto di ghiaccio in un bicchiere: soyez-sage, ne l’avale pas, che non l’inghiotta, che faccia il bravo, che mi bagni le labbra in questa spugna di aceto. e che le dica una parola dica solo una parola
peccato nel buio non abbia letto il suo nome, questo l’avrebbe salvata
L’infermiera trafora le stanze come l’ago incostante di una macchina da cucire a pedale, ma senza molto rumore, il suo ciabattare è discreto ed è un sollievo, in una notte fonda della vita sono sempre le tre e quarantacinque del mattino, l’ultimo che potrebbe occuparsi di te è andato a letto e tu soffri da solo in una stanza da cui non puoi uscire, immobile in un letto e nessuno ti ascolterà fino al mattino.
invece-infatti
l’infermiera si accosta- ha quegli occhiali da strabiopici che le rendono gli occhi immensi e sacri come uno sguardo di venere sul mondo e sembra che veda tutto dall’alto, che quegli occhiali siano telescopici, che veda i particolari le sfumature minute di questo tutto che è Niente, nella giusta dimensione. L’infermiera cambia la flebo, mi sussurra che è contro il dolore, che tutto andrà bene, e i suoi occhi si allargano ancora sino ad abbracciarmi in un paesaggio senza fine: vorrei anch’io quegli occhiali: sono sicuro che vedrei il mondo frantumato fatto solo di cose minute, non in questo grosso modo che è Niente.
I fili che mi legano al giorno sembrano collegati alla flebo anti-dolore, ma ormai io non lo ignoro, che più in alto, lassù dentro il buio, i tubi risalgono oltre il soffitto, e tutti i piani di questo ospedale del Regno, oltre la volta d’ozono, oltre le stelle fisse, all’infinito. e da lì mi muove una mano che è morta come un sole vecchio la cui luce si sparge ancora per tutto l’universo.
ma che sta per finire
(se solo tu venissi
apocalisse)

 

"se solo tu potessi vedere tormentare i nubifragi
ecco giunge Divina Apocalisse
e con mani cassandre annuncio invano":

quando la dottoressa congo-belga rientra non ha più tette né viso avvenente, ha invece un pizzo di barba ed è altrettanto nera ma mi ausculta come se gli facesse schifo toccare il mio corpo. Non so se perchè sono bianco o perchè sono un uomo. Mi manda a fare una radiografia, la prima versione del medico, quello tettone, aspettava evidentemente la fine del suo turno,
Hopital Caesar de Paepe
gallia est omnis divisa in partes tres quarum unam incolunt Belgae
barbari bastardi:
un tecnico calvo con occhi cerulei e assonnati mi fa stendere su un lettino di vinilpelle e mi passa un apparecchio dicendomi qualcosa in fiammingo gli dico scusa? e lui ripete infastidito in francese: trattieni il respiro.
Un attimo dopo attendo le lastre nella stanza e l’infermiere-tecnico chiacchiera con una delle pulizie, vedo una nube di fumo ma l’odore non mi arriva per via del forte disinfettante che lei passa in giro, è una sigaretta manufatta, diciamo. Appena si accorge che sono osservati mi alza la voce e dice: deve aspettare fuori in anticamenra. Lo mando affanculo fra i denti, sto coglione poteva offrire un po’ d’erba mi avrebbe sollevato, invece quando finalmente mi porta la lastra mi scorta dal medico congobelga, quello gli dà un’occhiata e sparisce, mi attendo chissà perchè di assistere ad una ulteriore trasformazione, ma non ancora.
Mi dà la sua sentenza:
Monsieur, fait-il, vous etes plein de stercus.
Quoi?
Oui- dice abbassando la voce- siete pieno di merda: e mi da un lassativo più una ricetta con due altri più potenti smerdatori.
io resto a bocca aperta: se lo dice lui.
A casa il primo lassativo è una stronzata palliativa, provo a stendermi di nuovo sul letto, il dolore persiste ma dormo un paio d’ore mi sveglio vado a comprare il secondo purgante, ma appena ingerito, esso comincia a triturarmi il ventre, vomito, il dolore è insostenibile, torno all’ospedale.
Il caronte strepita perchè sa che non ci ho l’assicurazione, io salgo lo stesso dal dottore- con intenzione di ucciderlo- ma lui è sparito, al posto suo una grassissima infermiera mi dice: mi spiace ha tre persone prima di lei deve attendere o andare altrove: io comincio a dare calci al tavolino, putain de merde, voglio qualcosa contro il dolore. porcodio lei se ne fotte e torna alle sue parole crociate, seduta dietro un vetro, per sua fortuna, ma appena riprendo a scalciare e gridare lei, per evitare lo "scandale" (queste finocchiette belghe di tutti i sessi colori ed orientamenti sessuali hanno terrore dello scandalo), mi invia un’infermiera gentile che mi fa stendere sul lettino ma il Caronte arriva mi fa: lei deve andarsene non è assicurato non ha mutuelle come pensa di pagare, je m’en fous , non me ne fotte proprio, datemi qualcosa contro il dolore, mi fate morire se non posso pagare? grido. Accanto a me altri pazienti scandalizzati, il Caronte trema nel labbro "s’il vous plait pas de scandale" me ne fotto pure dello scandale, gli dico, e allora l’infermiera fa un prelievo e mi mette una flebo contro il dolore. quando mi hanno drogato per bene riprendo a ragionare e allora arriva la terza versione del dottore congobelga (immagino siano tutti neri i dottori in questo ospedale per emulare i serial tv americani). Stavolta è una racchia scimmiesca ca un si po’ taliari,mi dice: bene i suoi valori sono sballati dovremmo ricoverarla e forse c’è da fare un intervento, ma l’amministrazione non vuole, a meno che lei mi dica come pagherà. immagino voglia una carta di credito o chessoio. io sono drogatissimo e non ho voglia di rispondere a sta scimmia. l’infermiera arriva e mi dice, ascolti vada al St Pierre, lì non le faranno problemi e la opereranno, appena si accorge che il dottore è fuori dalla portata di orecchio mi fa: mi raccomando non aspetti domani, vada appena esce da qui, chiederò alla dottoressa di mettere i risultati delle analisi in una busta per evitare di perder tempo. è così grave? potrebbe diventarlo dice, per ora la cosa che le ho dato non le farà sentir dolore ma la dottoressa rientra con cellulare all’orecchio. che ha deciso? resta (750euro al giorno)? o va via? Vado, e esco da li maledicendo il welfarstate e lo stato belga e Prodi e l’Europa-unita EuroPunita. all’ospedale St Pierre Bruxelles poubelle una dottoressa giovanissima e dolce mi palpa per benino e sorride mi manda d’urgenza a operarmi, è ormai mezzanotte è sempre mezzanotte quando getto i dadi e restano entrambi in bilico non mostrando nessuna faccia. l’anestetista mi fa: che cosa la porta fra noi? intende che cosa mi porta lì in belgio perchè spero sappia di cosa mi sta per operare il chirurgo, una donna minuta ma che da fiducia. l’anestetista dice:"Io sono quello che l’addormenterà e risveglierà". rispondo:
se solo potessi vedere
il buio che le tue mani seminano
morfeo.
e sprofondo in un sonno senza sogni […]