Archivi del mese: gennaio 2006

Manuale del perfetto Malacarne

Come smettere di volare

 

 

 

 

Karim:

stanze d’albergo, le distanze da coprire, le coperte in supplemento,

l’odore di disinfettante

le camere d’ostello,

 il fiato sporco, il silenzio che segue gelido l’orgasmo, i profilattici in cessi dove non tornero’ mai più mi dico e poi costantemente mi ritrovo,

e del silenzio che accompagna i ritorni i treni all’alba annerita e putrefatta

e i tram i taxi le metropolitane gli sguardi obliqui dai finestrini che carambolano sulla mia faccia insonne, i seduti di fronte, sempre nella giusta direzione, nel senso del moto del treno, nel senso del moto del mondo e noi giriamo al contrario. E noi viaggiamo in senso inverso. e nessuna novità.

 

 

Io non gli credo

Mentre il treno sprofonda nel giorno Karim chiude gli occhi sul tranello delle insegne e dei cartelli e dei poster e dei volantini e delle etichette e delle affiche che sponsorizzano felicemente un  pianeta bello come babbo natale: contento di crederci ancora? Gli chiedo.

 

 

Oso parole celesti solo nel sonno,

karim, la testa oscilla poi si posa sulla mia spalla, poi la  rialza, la testa sul vetro ed io intendo il messaggio, una distanza da scoprire. Nessuna voglia di riempire fossati, solo fosse comuni

per i traditori.

 

 

Andiamo  all’interim a vedere come è bella la luce del giorno e come è bello viaggiare nel senso del treno.

La signorina del Man power mi chiede se ci ho un permesso di lavoro, ed io non ne ho mai sentito parlare, e che devo chiederlo al comune di residenza in Italia ma io vado all’ambasciata dico a Karim, che  s’è iscritto lui per primo e mi risponde, ma vedi sti razzisti di belgi son proprio rincoglioniti, sei europeo, non ci hai bisogno di sta cosa, e quando ritorno al manpower la signorina si scusa che nel frattempo ho perso tempo e il tempo è denaro, e il denaro nobilita l’uomo, ma mi chiede se parlo inglese e dico yeah a little bit ma quella si sproloquia in una serie di frasi che sembrano inglese con accento fiammingo tipo Bruges o simile ed io non capisco bene, mi parla in nederlandese e le rispondo in tedesco e mi dice che proprio devo studiarlo il nederlans che vuole il trilingue nederlands-english-français se voglio lavorare.

E allora andiamo a fare il giro delle agenzie interim che mi rispondono per email, se lo fanno, che il nederlands è la lingua del futuro als je blieft e se voglio eten devo leren een nederlads spreken dank je well, che poi non ricordo se Anna Frank ha scritto in tedesco oppure olandese e comunque vedi che fine che ha fatto, chiusa in un campo di concentramento ebreo-capitalista in svizzera,

 

 

 Finalmente mi ritrovo davanti al Francis, al Creyf’s interim, e gli chiedo che cazzo fai qui incravatato che fino a ieri l’altro facevi massaggi e lui chiude la porta a vetri dell’ufficio, la unica porta dell’agenzia a parte quella che separa dall’accueil, e questo la dice lunga sul suo ruolo, grida al cielo il tradimento, mi dice che lui è trilingue nederlands français english, che faceva massaggi sulle navi da crociera ed e’ di Bruges, e che è capo del personale, e che mi trova certo qualcosa.

sveglia alle 7h15 alle nove abbiamo già messo le bibite nei frigo con logo cacacola, e sui ripiani dei piatti freddi, self selfish, sel fish servi piatti e vassoi di plastica da prendere quattro alla volta, la carbonade fiamminga sparsa sul pavimento in linoleum, Karim abborda la ragazzetta semimarocchina di madre belga e appena lei si allontana a prender una pausa lui pure sparisce e mi lascia nel pattume di 400 agricoltori delle fiandre che spezzano coltelli e forchette urlando in germanico o frisone o chissa’ qualcosa a proposito delle mousse al cioccolato da cui lo chef ha fatto togliere le etichette della data di scadenza la mattina. la data era di ieri l’altro. 

 

 

alle 16 esco dal palazzo delle esposizioni traversando sale cariche di macchine da tortura per la terra, voglio smettere di “farlo”, mi dice, non da’ neanche più un nome alla cosa, e smettere le sale d’attesa dirupe, le ferite al neon sul cielo notturno fatto per il riposo dei giusti, che la notte e’ del diavolo e di quelli come TE, vuol smettere di battere, smettere di volare. 

non dice noi, lui è arabo, io sono frocio.

 anch’io volgio smettere, di farlo, ma intendo altro: alle 17 sono in sauna, spazzo l’acqua da sotto i piedi delle froce, che eccitate dal  vedermi lavorare, sguazzano coi piedini nel misto d’acqua e sperma debordato dalla jacuzzi, e smuovo le panche, qualcuno ha riversato caffe’.

alle 19h30 qualcuno chiede een pintje een een mousaka een witte wjin a.U.b. a meezanotte do pugni alla porta di una cabina per far uscire tre checche addormentate, e all’una sono a casa, ho preso troppa alfavit e red bull e coca e non posso più dormire, non posso dormire e sono le 4h45 quando un tipo squilla al telefono per l’annuncio dei massaggi, cazzo ho smesso, ha smesso di volare, spengo il cell, suona di nuovo, merda é la sveglia, sono le 7h15, mi vesto, neanche mi lavo tanto fra un po’ saro’ nel misto di sudore e cibo vomitato sui piatti del self servi, e alla fine della settimana appena chiudo gli occhi vedo carbonade sparsa su barbe di agricoltori e linoleum e il puzzo delle chaud croutes tipo broccoli e la zuppa sbrodolata sulle mani dai vassoi in plastica.  

 

Karim vuol sposarsi  un  mutuo figliare mobili a credito motorizzarsi in station wagon di terza mano e imparare un po’ di fai da te dice je vais apprendre bricoler,

e a sbriciolarsi.

 

 

smettere di volare, vuole una fila di alberi azzurri che portano al cielo, e non sai fratello, che i seduti di fronte vanno, come te, nell’unica direzione possibile?

 

Lunedi’ facciamo la notturna, non lavoro in sauna lavoriamo al self su due turni dalle 9 alle 17 e dalle 18 alle  24 che non sono più di otto ore al giorno, perche’ le 24 sono le ore zero del giorno dopo, sull’ultimo tram Karim  chiude gli occhi, la testa sul vetro del finestrino, attende come tutti, di arrivar a destinazione, mentre io mi godo gli ultimi frammenti di paesaggio, solo quello mi importa, questo viaggio.

 

malacarne vuol tornare a volare. 

2/3

Parigi,

                                                                                                                La Danza delle Parrucche 

las ladronas  in fila sul boulevard, quasi tutte han documenti, per lo più spagnoli,

che stupido il Rocky a non andare in spagna, dice la Maifer sparlando del marito della Cina – quando  c’era  la sanatoria, ed un finto contratto ce lo faceva il tipo del sexyshop, ma ci aveva paura, il codardo, ché si doveva presentare spontaneamente al comune,

 e magari chissà, le rispondo, c’era la destra al potere allora, poteva essere una trappola, per deportarlo.

La destra sono i comunisti? chiede.

No, belo, quattro zampe buono due zampe cattivo.

 La Maifer ride come una gallina,  s’e’ sposata in belgio o ad amsterdam, non so più, e fa la gradassa perche’ il tipo le ha dato i documenti gratis, sposandola per amore, poi lo ha mandato a fanculo, ché la corvé delle due volte per settimana, col cazzo piccolo che aveva il tipo, cominciava a soffocarla. 

La Ginger s’é staccata le tette e maritata i Ecuador, pagando una qualche puttana congolese naturalizzata francese.

ecco é tempo di pagare. 

quando la Maifer dice alla Ginger, andiamo, tu metti la faccia io metto la mano,

io JC e Karim ci scostiamo un po’, non troppo distanti pero’,  per osserarvarle. Le altre nel bois de Boulogne  con cazzo posticcio e stivali e chiome schiumose di brine, regine indecenti, e con stivali di fango ninfano nel bosco de Boulogne: a questo serve il whisky, nel gelido annerirsi dei sentieri.

poi in fila sparsa aprono pellicce su seni scoperti o reggipetti imbottitti,  scuotono i capelli e le parrucche, sbattono farfalle di ciglia e tutto danza nel gelido annerirsi dei

il tipo si accosta e le auto dietro si bloccano, ognuna delle ladronas si occupa di una auto, alcune salgono, altre stanno accanto al vetro continuando ad ancheggiare, più per il freddo che per civetteria, la Maifer apre un lubrificante e si ingella la mano e cosi’ la Ginger, sale sulla prima auto, accusando la madre del  freddo e di Gesù di battere gratis,  mentre la Ginger trastulla dal finestrino il medesimo cliente, gingillandosi col le mani di lui sui seni, poi sul culo, e l’altra intanto gli tocca la patta, le natiche lo sbottona, lo avvolge nel profumo delle tette siliconatissime, nell’effluvio borotalcoso della parrucca prestata dalla Alexis, e poi tutto gira vorticoso, la MAifer fischia uscendo dalla macchina e tutte quate sgattolaiano fuori, sgusciano dagli sportelli e si riuniscono in cerchio sotto le fronde di un albero totem, e si aprono specchietti e borse , ci si ripassa il rossetto e si scambiano tutte le parrucche, alcune pellicce, una esce dalla borsa una mini in microfibra e si cambia, e si trasformano, imbottiscono o sgonfiano le tette, metamorfiche si gingillano con nuovi orpelli e danzano per il freddo, d’altronde oggi e’ sabato. 

La Maifer mi si accosta, mi mostra un orologio e un cellulare, una catena e un anello invece ha in mano la Ginger, tutto unto e ingellato di lubrificante, mi chiede quanto le do,

 fammi un prezzo dice JC,

per l’anello due schede latino,propongo io, non vale niente, e il cellulare vediamo di smanettarci prima, che ora ce’ un numero che si fa e lo si blocca, e poi questa compravendita si interrompe perche’ alcuni clienti tornano, ma si fermano di fronte all’una, poi l’altra non riconoscono nessuna o si equivocano, la stregoneria potrebbe riniziare, se solo un blu sirenico non esplodesse e noi tutti si corre, perche’, porc’odio, é arrivato il Fabian, il più grosso figlio di cagna fra i poliziotti parigini