Manuale del perfetto Malacarne
Come smettere di volare
Karim:
stanze d’albergo, le distanze da coprire, le coperte in supplemento,
l’odore di disinfettante
le camere d’ostello,
il fiato sporco, il silenzio che segue gelido l’orgasmo, i profilattici in cessi dove non tornero’ mai più mi dico e poi costantemente mi ritrovo,
e del silenzio che accompagna i ritorni i treni all’alba annerita e putrefatta
e i tram i taxi le metropolitane gli sguardi obliqui dai finestrini che carambolano sulla mia faccia insonne, i seduti di fronte, sempre nella giusta direzione, nel senso del moto del treno, nel senso del moto del mondo e noi giriamo al contrario. E noi viaggiamo in senso inverso. e nessuna novità.
Io non gli credo
Mentre il treno sprofonda nel giorno Karim chiude gli occhi sul tranello delle insegne e dei cartelli e dei poster e dei volantini e delle etichette e delle affiche che sponsorizzano felicemente un pianeta bello come babbo natale: contento di crederci ancora? Gli chiedo.
Oso parole celesti solo nel sonno,
karim, la testa oscilla poi si posa sulla mia spalla, poi la rialza, la testa sul vetro ed io intendo il messaggio, una distanza da scoprire. Nessuna voglia di riempire fossati, solo fosse comuni
per i traditori.
Andiamo all’interim a vedere come è bella la luce del giorno e come è bello viaggiare nel senso del treno.
La signorina del Man power mi chiede se ci ho un permesso di lavoro, ed io non ne ho mai sentito parlare, e che devo chiederlo al comune di residenza in Italia ma io vado all’ambasciata dico a Karim, che s’è iscritto lui per primo e mi risponde, ma vedi sti razzisti di belgi son proprio rincoglioniti, sei europeo, non ci hai bisogno di sta cosa, e quando ritorno al manpower la signorina si scusa che nel frattempo ho perso tempo e il tempo è denaro, e il denaro nobilita l’uomo, ma mi chiede se parlo inglese e dico yeah a little bit ma quella si sproloquia in una serie di frasi che sembrano inglese con accento fiammingo tipo Bruges o simile ed io non capisco bene, mi parla in nederlandese e le rispondo in tedesco e mi dice che proprio devo studiarlo il nederlans che vuole il trilingue nederlands-english-français se voglio lavorare.
E allora andiamo a fare il giro delle agenzie interim che mi rispondono per email, se lo fanno, che il nederlands è la lingua del futuro als je blieft e se voglio eten devo leren een nederlads spreken dank je well, che poi non ricordo se Anna Frank ha scritto in tedesco oppure olandese e comunque vedi che fine che ha fatto, chiusa in un campo di concentramento ebreo-capitalista in svizzera,
Finalmente mi ritrovo davanti al Francis, al Creyf’s interim, e gli chiedo che cazzo fai qui incravatato che fino a ieri l’altro facevi massaggi e lui chiude la porta a vetri dell’ufficio, la unica porta dell’agenzia a parte quella che separa dall’accueil, e questo la dice lunga sul suo ruolo, grida al cielo il tradimento, mi dice che lui è trilingue nederlands français english, che faceva massaggi sulle navi da crociera ed e’ di Bruges, e che è capo del personale, e che mi trova certo qualcosa.
sveglia alle 7h15 alle nove abbiamo già messo le bibite nei frigo con logo cacacola, e sui ripiani dei piatti freddi, self selfish, sel fish servi piatti e vassoi di plastica da prendere quattro alla volta, la carbonade fiamminga sparsa sul pavimento in linoleum, Karim abborda la ragazzetta semimarocchina di madre belga e appena lei si allontana a prender una pausa lui pure sparisce e mi lascia nel pattume di 400 agricoltori delle fiandre che spezzano coltelli e forchette urlando in germanico o frisone o chissa’ qualcosa a proposito delle mousse al cioccolato da cui lo chef ha fatto togliere le etichette della data di scadenza la mattina. la data era di ieri l’altro.
alle 16 esco dal palazzo delle esposizioni traversando sale cariche di macchine da tortura per la terra, voglio smettere di “farlo”, mi dice, non da’ neanche più un nome alla cosa, e smettere le sale d’attesa dirupe, le ferite al neon sul cielo notturno fatto per il riposo dei giusti, che la notte e’ del diavolo e di quelli come TE, vuol smettere di battere, smettere di volare.
non dice noi, lui è arabo, io sono frocio.
anch’io volgio smettere, di farlo, ma intendo altro: alle 17 sono in sauna, spazzo l’acqua da sotto i piedi delle froce, che eccitate dal vedermi lavorare, sguazzano coi piedini nel misto d’acqua e sperma debordato dalla jacuzzi, e smuovo le panche, qualcuno ha riversato caffe’.
alle 19h30 qualcuno chiede een pintje een een mousaka een witte wjin a.U.b. a meezanotte do pugni alla porta di una cabina per far uscire tre checche addormentate, e all’una sono a casa, ho preso troppa alfavit e red bull e coca e non posso più dormire, non posso dormire e sono le 4h45 quando un tipo squilla al telefono per l’annuncio dei massaggi, cazzo ho smesso, ha smesso di volare, spengo il cell, suona di nuovo, merda é la sveglia, sono le 7h15, mi vesto, neanche mi lavo tanto fra un po’ saro’ nel misto di sudore e cibo vomitato sui piatti del self servi, e alla fine della settimana appena chiudo gli occhi vedo carbonade sparsa su barbe di agricoltori e linoleum e il puzzo delle chaud croutes tipo broccoli e la zuppa sbrodolata sulle mani dai vassoi in plastica.
Karim vuol sposarsi un mutuo figliare mobili a credito motorizzarsi in station wagon di terza mano e imparare un po’ di fai da te dice je vais apprendre bricoler,
e a sbriciolarsi.
smettere di volare, vuole una fila di alberi azzurri che portano al cielo, e non sai fratello, che i seduti di fronte vanno, come te, nell’unica direzione possibile?
Lunedi’ facciamo la notturna, non lavoro in sauna lavoriamo al self su due turni dalle 9 alle 17 e dalle 18 alle 24 che non sono più di otto ore al giorno, perche’ le 24 sono le ore zero del giorno dopo, sull’ultimo tram Karim chiude gli occhi, la testa sul vetro del finestrino, attende come tutti, di arrivar a destinazione, mentre io mi godo gli ultimi frammenti di paesaggio, solo quello mi importa, questo viaggio.
malacarne vuol tornare a volare.