L’arabo in me
II
a casa di Julie, cianfrusaglie impolverate, sul vassoio sopra il tavolino, lei spalmata sul divano come burro col suo beur raccattato chissà dove probabilmente un altro spacciatore, ognuno ha i suoi circuiti, mi dice, e io penso ai corti, alle corti dei miracoli ed i cortili in cui non sono cresciuto e solo quelli rimpiango.
Lei é un’altra sopravvissuta a tutto e solo per questo mi interessa il suo sessantottismo fatto negli ottanta, per ritrovarsi spalmata su un divano con un arabo che la tratta da puttana.
mon copain lavora vicino casa tua , esclama Julie, in una sauna gay.
ah si’ , mi dice lui, lo "spad’quatr ur" come lui pronuncia la balzana grafica del logo della sauna che non compare pero’ sulla porta d’entrata, bianca e discreta, senza neanche una bandiera gay o simili, ma solo all’interno della sauna e nelle riviste, e chissà come lo sa lui, l’etero.
Lascia che ti dica una cosa, mon cousin, mi dice lui serrando la mano un breve istante e poi portando le dita al petto come usano fra loro:
aprire una sauna gay in pieno quartiere arabo é una provocazione;
la sauna é li’ da sette otto anni, rispondo, e poi scusa cugino, anche fare un quartire arabo nel centro della capitale d’europa é una grossa provocazione.
sei razzista, mi fa lui
Julie accende una canna, comprende che la tenzione monta, ok les enfants on se calme, ci passiamo il petard scaccolandolo nel posacenere nervosamente finché ci si rimette a conversare tranquillamente quando mi chiede da che parte d’italia vengo , e chissà perché st’isola é rispettata, e lui mi dice: una volta era araba la sicilia lo sapevi,
tra una cosa e l’altra:
l’arabo in me
il punico il greco il fenicio, l’araba fenice, il sisifo felice il francese il normanno il nord man il normale il suddista il sudario l’abcdario e soprattutto
l’angelo dell’infinito niente