Archivi del mese: settembre 2006

non ti senti una bottiglia rotta, da buttare, senza valore? chiede

fisso i suoi occhi verdi e opachi spenti come due fondi di bottiglia levigati dal mare una volta asciutti.

                                              Wuppetal – Vuoto a perdere

Quando mi esco il cazzo fa un sorriso svita la boccetta di popper e si dilata, nello stanzino dove stanno i costumi di scena, quattro pantaloncini:

calciatore

cuoio vizioso-

lottatore greco-romano

-e un altro coso arrotolato che si é appena sfilato,

 alle 5 l’ultimo spettacolo al livello 3 della Demence, e poi sniffa un po’ e mi dice abbiamo tre quarti d’ora, ma non posso sborrare, per via dello spettacolo di un quarto d’ora  d’erezione.

e lui balla con corpo di mago si libra  e sospende tutti i menti dei clienti e gli avventori 

tutt’intorno sembra fluttuare il fumo nelle luci 

 i pomuli incredibili e su il sempre-verde del suo sguardo di trifoglio 

quanto libero dipingersi di incognite quando scende dal palchetto e mi prende per mano e mi trascina nel suo sgabuzzino camerino "staff only" con una stella di carta appiccicata ma solo dalla parte interna.  

Mi sentivo vuoto, insiste

 quanti anni sono passati Malacarne? mi chiede, ricordi com’ero allora? 

ed io dal lungo risvegliarmi squarcio i miei occhi e lo rivedo:

(come dentro una corazza di grasso, una madrioska l’ha ingoianto solo i suoi occhi restano verdi e ballerini, lui é enorme, occupa due posti dul sedile davanti al mio, appena fa un passo prende fiato per riprendere fiato)

dentro i suoi occhi rivedo:

danza e sopra i podii e i banconi di club scendono i vestiti e tutte le checche li’ sotto a sbavare

fiati tramortiti in pause e sempre tutte uguali le musiche e i decori i cori e gli spot

 poi una notte mi prende per mano mi trascina dentro uno stanzino e mi racconta:

ed io lo apro come un melograno

chi penetra il corpo penetra in parte l’anima, credo, basta sapere riceere mentre si da

Sospesi sopra il fiume Wupper, lui mi dice che ha scelto di vivere li’ per questo, perché cosi’ si sente leggero come una volta e vola ogni giorno sul tram sopeso, ridacchia semiserio temo

sono passati quattro anni quattro chesso-io ere epoche cicli completi  lui é stato a Londra e a barcellona quasi tutto il tempo

per arrivare qui, a Wuppertal sopra un tram futuribile sospeso come l’anno 2001 visto nei film degli anni sessanta, ci siamo rintracciati come per caso attraverso una posta elettronica che é il mio unico indirizzo stabile

torni da Dublino? chiede, é li’ che ho preso la sifilide mi dice ridendo di follia tisica cosi’ belle epoque da farmi male quando invece dovrei ridere perché mi chiedo come abbia fatto dato che li’ c’é un cazzo da fare 

quando mi dice che quella notte a Bruxelles ha perso un suo amico ghb piu’ alcol dovrei rispondere qualcosa

quando mi dice del regalino immunodeficiente fattogli quasi di sicuro dalla coppia conosciuta Colonia, lui ballerino gay lei avvocatessa quarantenne miliardaria  

dovrei sorpendermi del fatto che delle battaglie ricordi solo le ferite e i morti 

e mi dice che non sono cambiato, solo più silenzioso

quasi muto 

                                  IL Dono

é il suo ragazzo che glielo ha fatto, si contraddice

un cadeau caduco come la vita, una positività negativa 

e ora ha un mutuo per l’auto ed uno per il nuovo divano ad angolo in pelle nocciola dove passiamo la notte a raccontarci il "nelfrattempo", il "dafarsi"

se io ho "un piano" per il futuro, per quando finiranno i venti

Lui distratto dal televisore sempre acceso:

ricordi com’ero bello com’ero magro e muscoloso

non posso fare dieta, la terapia mi ammazza, mi spacca lo stomaco se non l’ho pieno

e cosi’ che suo "marito" come si ostina a dire, gli da’ settecento euro al mese, metà per l’affitto e poi le spese  lui si occupa delle provviste e della cucina e di lavare e stendere e spolverare e diventare sempre di più il ritratto spiccicato di sua madre  con la stessa identica cornice: tende a fiori e mobili in legno naturale mai finiti di pagare, e un tempo parziale alla Bayer.

ero troppo stanco e vecchio per ballare, ho trentatre anni ormai, mi fa, aggiustando una trentina dei suoi  centoventicinque chili sul sofa, era un mondo di apparenze ,di droghe, mi sentivo una bottiglia vuota da buttare, da fare in mille pezzi, io no so come tu possa fare, se vuoi qui c’é lavoro, in fabbrica da me cercano sempre,

gli chiedo un’aspirina per rispondergli qualcosa 

ma lui forse ignora che io voglio bruciare ancora

che io sono un vuoto a perdere un vetro infranto il frammento mai stanco di mareggiare 

incastonato sulle sabbie, tutto da levigare, come quelli che raccoglievo da bambino sulle spiagge quando mi portavano al mare

se ero buono, e non lo ero mai, me le avrebbero fatte tenere

io sono la pietra di mare

da gettare

 oppure 

Non mi ascolta, incastrato in una pubblicità ridicola che lui trova divertente che ripete mentalmente a voce alta sempre più piano bofonchiante come un novantenne, infine si addormenta sul divano davanti il riflesso del televisore sul tappeto di bottiglie di birre marchio Lidl a casse e messe sul balcone che ha bevuto da solo, i vuoti a rendere a 20 centesimi l’uno ricoprono il tavolino di legno e vetro

da rendere domani